Ecco il Ddl Ferragni: multe salate per chi fa il furbo con la beneficenza

Il governo italiano si appresta a varare il Ddl Ferragni, un disegno di legge ideato per garantire maggiore trasparenza nelle operazioni commerciali aventi scopo benefico. La proposta, annunciata dalla premier Giorgia Meloni, prevede multe significative fino a 50.000 euro per coloro che si macchiano di comportamenti sleali in questo contesto. Il disegno di legge mira a contrastare le pratiche di influencer e produttori che promuovono prodotti facendo credere che parte dei ricavi sarà destinata a opere di beneficenza, ma che in realtà servono a finanziare cachet milionari.

La problematica è stata sollevata dalla stessa premier nel corso di un comizio ad Atreju, dove ha citato il fenomeno degli influencer che lucrano notevoli profitti promuovendo prodotti sotto l’apparenza di iniziative benefiche. La proposta legislativa, comunemente chiamata “legge Ferragni” in riferimento all’influencer Chiara Ferragni, si inserisce in un contesto più ampio di attenzione verso la trasparenza e la correttezza nel mondo delle operazioni commerciali benefiche.

La bozza del Ddl Ferragni prevede diverse misure per garantire l’adempimento degli obblighi in materia di beneficenza. Tra queste, l’obbligo per i produttori di indicare chiaramente sui propri prodotti le finalità dei proventi e il destinatario dell’azione benefica, insieme all’importo o alla quota destinata a tale scopo. Queste informazioni dovranno essere comunicate all’Antitrust prima della commercializzazione del prodotto.

L’Autorità Antitrust avrà il compito di sanzionare le violazioni, con multe che potranno variare da 5.000 a 50.000 euro, a seconda del prezzo di listino del prodotto e del numero di unità messe in vendita. Inoltre, i produttori dovranno indicare il termine entro cui verrà effettuato il versamento a scopo benefico e comunicare il versamento stesso entro tre mesi dalla scadenza stabilita.

Le misure punitive non si fermano qui: le sanzioni saranno pubblicate non solo su una sezione apposita del sito istituzionale del Garante per la concorrenza, ma anche sui siti del produttore o del professionista che ha violato gli obblighi. Questi ultimi saranno anche tenuti a coprire le spese per la pubblicazione su uno o più quotidiani e su altri mezzi ritenuti opportuni per informare appieno i consumatori.

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