Chiara Ferragni, ora il caso della bambola e l’associazione no profit: “Non sappiamo chi sia”

Nuovi problemi si accumulano per Chiara Ferragni, e questa volta il Ceo di Spomp Out Bullying, l’associazione no profit destinataria dei presunti profitti della vendita della bambola “Chiara Ferragni Mascotte”, ha reso pubblica una dichiarazione sconcertante. Inizialmente lanciata nel 2019 al prezzo di 24,99 euro, la bambola di peluche in edizione limitata doveva destinare tutti i profitti alla lotta contro il cyberbullismo, ma sembra che la realtà sia differente.

La controversia ha preso avvio quando l’associazione no profit ha sottolineato che né Chiara Ferragni né alcuna società associata a lei risultano tra i partner o gli sponsor dell’organizzazione. Il Ceo di Spomp Out Bullying, Ross Ellis, ha rilasciato una dichiarazione netta, affermando: “Non sappiamo chi sia questa donna e non abbiamo mai ricevuto una donazione.”

La bambola “Chiara Ferragni Mascotte” aveva suscitato grande interesse, vendendosi completamente in sole cinque ore dalla sua messa in commercio. Tuttavia, la recente rivelazione dell’associazione no profit ha sollevato dubbi sulla destinazione effettiva dei ricavi derivanti dalle vendite.

Il malcontento è cresciuto quando è emerso che, nonostante la dichiarazione della Tbs Crew della Ferragni affermasse che i ricavi fossero stati donati all’associazione nel luglio 2019, la stessa Chiara Ferragni non aveva condiviso questa informazione in maniera specifica sui suoi social media, mantenendo un discorso generico sulla destinazione del ricavato.

L’associazione no profit ha chiesto chiarimenti direttamente alla Ferragni, ma la risposta è giunta in forma di nota, in cui la influencer si dichiara “a disposizione delle autorità competenti per chiarire quanto accaduto e risponderà esclusivamente a loro“.

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