Caso Alessia Pifferi: manipolata da due psicologhe del carcere ora indagate con l’avvocata

Due psicologhe del carcere di San Vittore a Milano sono attualmente sotto indagine per favoreggiamento e falso ideologico in relazione al caso di Alessia Pifferi, accusata dell’omicidio della sua figlioletta Diana, di soli 18 mesi, abbandonata per sei giorni in casa e lasciata morire di stenti nel luglio del 2022. Le due professioniste sono state perquisite dalla polizia penitenziaria e sono accusate di aver fornito all’imputata “una tesi alternativa difensiva” inducendo una possibile “manipolazione” della sua mente.

Il procuratore Francesco De Tommasi sostiene che le psicologhe avrebbero elaborato una tesi difensiva basata su un presunto “vizio di mente” di Alessia Pifferi, manipolando così la sua percezione della realtà. Tuttavia, il procuratore ha dichiarato che la donna non presenta alcun problema mentale, ma ha avuto un comportamento “scellerato” nei confronti della figlia. Questo ha generato un ostacolo per l’accertamento delle reali capacità cognitive di Pifferi, complicato ulteriormente dalle presunte manipolazioni delle psicologhe.

La Procura di Milano critica le psicologhe per aver adottato una prassi insolita nel trattamento di Pifferi, evidenziando il loro presunto coinvolgimento in favoreggiamento e falso ideologico nei test psicometrici condotti sull’imputata. I consulenti psicologi della Procura, Marco Lagazzi e Alice Natoli, hanno esposto forti perplessità rispetto a questa prassi, definendola inusuale nella loro ampia esperienza professionale.

Nella relazione dei consulenti della Procura emerge la critica al test psicometrico Wais, che aveva suggerito un presunto ritardo mentale in Pifferi. Essi considerano questo tipo di test non applicabile al contesto penitenziario e ritengono che le psicologhe abbiano svolto un ruolo più consonante con una consulenza difensiva che non rientra nelle loro competenze.

Oltre alle psicologhe, è indagata anche la legale di Alessia Pifferi, Alessia Pontenani, accusata di falsificare informazioni riguardanti il quoziente intellettivo della sua assistita. Il procuratore De Tommasi ha dichiarato che il test condotto non era utilizzabile a fini diagnostici e valutativi.

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